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ESPRESSIONI RICORRENTI
Autore:Vincenzo Squillacioti     Data: 30/04/2019  
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Data: 31/12/2023 - Anno: 29 - Numero: 3 - Pagina: 6 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

IDENTITÀ DEL MERIDIONE E REGIONE AUSONIA

Letture: 574               AUTORE: Ulderico Nisticò (Altri articoli dell'autore)        

Il professor Giuseppe (Pino) Caridi ha pubblicato un’altra perla dei suoi documentati e intelli
genti studi di storiografia meridionale, sull’argomento del re Ferdinando (Ferrante) I, sovrano di
Napoli dal 1458 alla morte nel 1494. Non c’è dubbio che il lettore non specialista di storiografia
verrà attratto, più che dal titolo, dal sottotitolo del volume, che desta curiosità e quasi stupore:
“Quando il potere era a Sud”.
C’è da attendersi qualcosa di sorprendente, da una tesi che, per quanto di ormai antico argomen
to, getta uno sguardo, attraverso i secoli, fino al presente: un presente in cui, almeno nell’imma
ginario collettivo, il Meridione d’Italia non pare detenere chissà quale autorevolezza, per non dire
potere in senso letterale; anzi le statistiche sono contro di noi a livello europeo.
Per presentare il professor Caridi, non troviamo di meglio delle parole del professor Antonino
Zumbo, amico de “La Radice”, in occasione del volume dedicato al Caridi quando, dopo lunghissi
ma e attivissima carriera, giunse per lui il momento della quiescenza: «Nella vita di un professore
universitario che va in quiescenza non c’è soddisfazione più grande del trovarsi dedicato un volu
me di studi; questo è un testo poderoso, curato con alto senso della disposizione editoriale e bella
impostazione grafica, che riporta sul palcoscenico della riflessione il Mezzogiorno quale punto
centrale delle storie». Zumbo, rettore dell’università per Stranieri “Dante Alighieri”, parlava anche
in nome della Deputazione di Storia Patria per la Calabria, di cui il professor Caridi è presidente; e
della Città Metropolitana di Reggio. Si riferiva all’elenco delle pubblicazioni del Caridi, e basterà
solo accennare agli studi sugli Aragonesi e in particolare su Alfonso il Magnanimo; su Carlo III; su
san Francesco di Paola nel centenario del Transito in cielo.
Veniamo al nostro libro. Come fece a ottenere spazio politico addirittura determinante, il Me
ridione? Il professor Caridi, agendo da specialista della storia del Quindicesimo secolo, affronta e
risolve la questione attraverso lo studio puntuale della figura più imponente della breve ma deter
minante Dinastia d’Aragona di Napoli, il nostro Ferrante I.
Alfonso, re d’Aragona, Sardegna, Sicilia, attraversa molte vicissitudini politiche, e anche perso
nali, negli stessi domini ereditari iberici; e nelle contraddittorie vicende delle diverse adozioni della
regina Giovanna II, ora favorevole ad Alfonso, ora a principi francesi. Sarà al termine di vere guer
re, che saranno anche scontri tra diversi partiti meridionali, che Alfonso diverrà “re della Sicilia
Citra”, o, come ormai si diceva informalmente e per evitare confusioni, re di Napoli. Diverrà anzi
napoletano e italiano, venendo coinvolto nelle contese dell’Italia Centrosettentrionale, e ottenendo
infine quella Pace di Lodi del 1454, che assicurò alla Penisola un certo equilibrio.
Ebbe un solo figlio, e nemmeno legittimo, Ferdinando Ferrante. Il professor Caridi, con qualche
dotta malizia, non esita a ricordare anche qualche pettegolezzo: una letteratura d’alcova che ha
sempre attraversato i troni e le casate nobiliari; e sulla quale sorvoliamo!
Morendo nel 1458, Alfonso mette in essere un piano politico di tutta evidenza: lascia Aragona,
Sardegna, Sicilia al fratello Giovanni; ma Napoli a Ferrante, con un’evidente volontà di identità.
Ferrante, apprendiamo dal denso tomo del professor Caridi, era stato educato alla successione,
sia seguendo la scuola politica paterna, sia partecipando in prima persona alle guerre per la con
quista del Regno.
Affrontò le difficili situazioni dei precari equilibri italiani. Appena salito al trono, divampò una
rivolta delle Calabrie, cui s’intrecciarono le contraddittorie vicende di Antonio Centelles Ventimi
glia, per matrimonio marchese di Crotone e conte di Catanzaro; e la presenza del francese Giovan
ni, figlio dell’angioino “re” Renato.
Nel 1478, la congiura dei Pazzi contro i Medici e la sollevazione popolare per Lorenzo e contro
i congiurati, con l’uccisione dell’arcivescovo di Pisa, Salviati, scatenarono una guerra italiana, cui Ferrante partecipò con il primogenito Alfonso, futuro re. Questi però dovette accorrere a riconqui
stare Otranto, attaccata dai Turchi con orrendo massacro di cristiani.
Momento di grande difficoltà fu la Congiura dei baroni, stroncata da Ferrante e da Alfonso con
durezza e spietatezza. Emergono, nella fitta e puntuale narrazione del professor Caridi, molte figure
interessanti sul piano umano. Ricordiamo il calabrese Cicco Simonetta, ministro degli Sforza a
Milano; e soprattutto il nostro santo, Francesco di Paola, visto, in un capitolo, nei suoi rapporti non
facili proprio con re Ferrante.
E qui s’impone una domanda provocatoria: quale sia stata nella mente di Alfonso I, questa idea
di un’identità politica del Meridione come entità statale omogenea e autonoma.
Un’identità che sarà sancita dalla battaglia vittoriosa di Bitonto e dai trattati del 1737, che stabi
liranno il ritorno all’indipendenza con Carlo di Borbone. Un atteggiamento politico che venne os
servato persino da Napoleone, il quale non esitò ad annettere alla Francia le città italiane di Torino,
Genova, Firenze e persino Roma; ma conservò, sia pure a modo suo, l’autonomia del Meridione,
creandone re prima il fratello Giuseppe, poi il cognato Murat.
***
Abbiamo parlato di questo prezioso libro, e per il valore in sé dello studio; e perché ci consen
te, come abbiamo accennato, di ragionare della storia più recente, e un poco di attualità.
Quando, ai primi del XIX secolo, si parlò di unità politica dell’Italia, quasi nessuno pensava
all’unificazione amministrativa e centralistica; anzi un assetto confederale o federale pareva ai più
nella natura delle cose. Si poteva ancora agire in tal senso quando il governo delle Due Sicilie era in
mano a Carlo Filangieri, che stava trattando con il Regno di Sardegna e con Pio IX, per un’alleanza
che riorganizzasse l’Italia; e garantisse delle autonomie. Ma non se ne fece nulla… l’ho spiegato
in un libro, chi volesse leggerlo.
Sgombro il campo da infondate chiacchiere che purtroppo dilagano in un meridionalismo in
fantile. Devo invece informare il lettore che si stanno formando opinioni serie e motivate sul supe
ramento di alcune attuali Regioni meridionali, per la formazione di un’unica Regione, assorbendo
Basilicata, Campania, Calabria, Molise, Puglia. Dubito degli Abruzzi, mentre ritengo vada esclusa
la Sicilia.
Sarebbero comunque dodici milioni di anime, con molte potenzialità di agricoltura, allevamento,
foreste, artigianato di qualità, turismo: e mica solo due settimane di bagni. Potenzialità finora poco
considerate e male organizzate, e che non pesano in Italia e in Europa; e ciò per debolezza politica e
di classe dirigente: ecco un buon argomento per la nuova più grande Regione.
Se volete un nome fascinoso, mi piace Ausonia. Ma i nomi non sono conseguenza delle cose,
e non voglio che finiamo come nel 1799, quando i giacobini, senza fare nient’altro, litigavano per
Bruzio/Calabria e Basilicata/Lucania; e a colpi di poeti classici! Chiamatela come vi pare, ma
parliamone.



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